Di Marta Marchesi –

Che differenza c’è fra un traduttore e un interprete? La domanda potrebbe suonare banale per i professionisti del settore, anche se conosciamo tutti quel brivido che solo l’espressione “traduzione simultanea” sa dare. Per non parlare, poi, delle lunghe e numerose delucidazioni che abbiamo fornito, e che probabilmente dobbiamo ancora fornire, quando ci viene chiesto che lavoro facciamo.

Infatti, mi sono resa conto che la differenza fra traduttori e interpreti non è affatto scontata per chi conosce poco il settore, al contrario, sembra essere ancora una zona piuttosto nebulosa.

Ecco quindi una spiegazione più o meno approfondita delle differenze fra queste due professioni, con l’obiettivo di fornire qualche indicazione utile non solo ai “non addetti ai lavori”, ma anche a tutti gli studenti appassionati di lingue straniere indecisi su quale tipo di studi intraprendere.

Partiamo dalle basi

Trattandosi di un argomento basilare, ho pensato di partire proprio dalle basi, cioè dalle definizioni di “traduttore” e “interprete” fornite dal vocabolario online della Treccani. Eccole riportate:

traduttore: “Chi traduce o ha tradotto in altra lingua, autore di una traduzione, soprattutto di testi scritti, più raramente di discorsi e comunicazioni orali, per i quali il termine più comune è interprete, tranne che in alcuni casi, come t. giurato e t. simultaneo

interprete: “Chi interpreta, cioè spiega, commenta, espone il senso delle parole dette o scritte da altri, il contenuto di un testo e simili, e più genericamente chi chiarisce o rivela il significato di cosa oscura, dubbia, non manifesta”; “Chi, conoscendo altra lingua oltre la propria, fa da intermediario nel colloquio fra persone tra loro straniere, traducendone i discorsi o gli scritti”

Come potete vedere, nemmeno la Treccani è riuscita a evitare la trappola della “traduzione simultanea”. Ma al di là di questa imprecisione, le due definizioni riescono comunque a sottolineare la principale differenza fra il traduttore e l’interprete. Il primo lavora quasi esclusivamente con testi scritti, mentre il secondo si occupa quasi esclusivamente di testi orali. Il traduttore si occupa, per esempio, della traduzione di articoli o libri (traduzione editoriale), di documenti giuridici, come contratti, certificati, diplomi, ecc. (traduzione giuridica), di manuali di istruzioni (traduzione tecnico-scientifica), o ancora di sottotitolaggio, della traduzione di siti internet e di contenuti digitali. L’interprete, invece, ha a che fare principalmente con situazioni di dialogo (interpretazione dialogica, per l’appunto), per esempio durante una trattativa commerciale o un colloquio medico, di cui ha parlato la mia collega Ilaria in questo articolo. Inoltre, la situazione principale in cui vengono richieste le competenze dell’interprete è la conferenza, quando un oratore che non parla la lingua locale ha bisogno di farsi comprendere da tutti i partecipanti. Ecco allora che entrano in scena le modalità di interpretazione consecutiva, simultanea e chuchotage, che sono state approfondite qui e qui.

Questione di tempo

Da questa prima distinzione deriva poi una serie di ulteriori differenze.

Innanzitutto, avendo a che fare con testi scritti, i traduttori hanno molto più tempo rispetto agli interpreti per trovare soluzioni il più precise possibile. Al contrario, gli interpreti hanno pochissimo tempo a disposizione per elaborare la loro resa, anzi, durante una simultanea, questo tempo si misura in secondi, se non addirittura in decimi di secondo. Traduttori e interpreti sono quindi portati a mettere a punto strategie diverse per svolgere il loro lavoro in modo efficace e professionale. Nel caso degli interpreti, le strategie che adottano sono volte, nei momenti di difficoltà, a concentrarsi maggiormente sul senso del testo di partenza, rispetto alla precisione lessicale o alla riproduzione fedele della sintassi. Ovviamente, questo non vuole assolutamente dire che la resa di un interprete non può essere precisa. Vuole semplicemente dire che, nei momenti di difficoltà, in cui l’interprete è in “sovraccarico” (overload, in gergo) e rischierebbe di perdere il filo del discorso, si tende a dare priorità al senso delle frasi che si sentono in cuffia (o che si scrivono sul blocco delle note), al messaggio che l’oratore vuole veicolare. Non a caso, la prima definizione della Treccani vede l’interprete come una persona che spiega e rende esplicito il senso delle parole pronunciate da altri.

Panico da microfono?

Un’ulteriore differenza fra traduttori e interpreti riguarda poi il fatto di dover parlare la lingua straniera. Avendo maggiormente a che fare con testi scritti, i traduttori non sono tenuti a parlare la lingua straniera, mentre per gli interpreti, trovandosi spesso al centro di un triangolo in cui nessuno dei due estremi comprende la lingua dell’altro, è fondamentale saper parlare in maniera fluente entrambe le lingue. In molti casi, inoltre, gli interpreti sono chiamati a parlare davanti a un pubblico, che si tratti della delegazione in visita o dell’auditorium di una conferenza. In queste situazioni, l’interprete è chiamato a dar prova delle sue capacità di public speaking, o quantomeno a dimostrare di essere perfettamente a suo agio di fronte ad un pubblico. Questo richiede all’interprete un’ottima capacità di gestire la propria voce, ma non solo. La presenza del pubblico è un fattore da non sottovalutare nel lavoro dell’interprete, poiché può rivelarsi una significativa fonte di stress. Se, infatti, nel caso del traduttore, il lavoro si svolge per lo più “dietro le quinte”, e il pubblico, o meglio, il destinatario del testo di arrivo assiste solo al lavoro finito, nel caso dell’interprete, il lavoro si svolge interamente “sul palco”, e il contatto con il pubblico è previsto durante tutta la fase di elaborazione della resa. Ne consegue che la minima difficoltà rischia di essere ingigantita dalla presenza del pubblico, se l’interprete non è in grado di gestire la propria voce e le proprie emozioni. Per controllare la voce e gestire il contatto con il pubblico in modo efficace, gli interpreti adottano, ancora una volta, diverse strategie, prese in prestito dal mondo del teatro e della musica.

La giusta distanza

Da questo possiamo intuire un’altra differenza fra il traduttore e l’interprete.

Mentre il primo può svolgere il suo lavoro anche a distanza (non è raro che un progetto di traduzione venga portato avanti da persone sparse anche in Paesi diversi), il secondo deve essere presente nel momento e nel luogo dove avviene l’interazione. Il risultato della traduzione, inoltre, deve essere fruibile anche a distanza di molto tempo, mentre il risultato dell’interpretazione è funzionale al contesto, nel senso che deve essere fruibile per il pubblico a cui si rivolge, nel luogo e nel momento in cui avviene l’interazione.

E allora l’interpretazione a distanza? Certo, la definizione stessa di questa modalità di interpretazione prevede che si svolga a distanza, ma non per questo va accomunata con la traduzione. Infatti, nonostante l’interprete non si trovi fisicamente nello stesso luogo dove avviene l’interazione, rimane comunque a tutti gli effetti un partecipante alla conversazione, grazie ad un collegamento telefonico o video, che permette all’interprete di condividere lo stesso contesto dei partecipanti. Inoltre, anche in questa modalità persistono le caratteristiche di cui abbiamo parlato prima: l’interprete ha a che fare con una conversazione, quindi con un testo orale, ha comunque poco tempo a disposizione per elaborare la sua resa e si trova di fronte ad un pubblico. In ogni caso, se volete approfondire le caratteristiche dell’interpretazione a distanza, potete leggere questo articolo della mia collega Camilla.

Quindi, ora che avete ben chiara la differenza fra traduttore e interprete, potete richiedere il servizio linguistico che più si addice ai vostri bisogni con cognizione di causa (e senza cadere nella trappola della “traduzione simultanea”). Qui su PAP troverete un ampio ventaglio di professionisti qualificati pronti a consigliarvi e a svolgere per voi un lavoro di qualità. Buona ricerca! 

L’autrice

Mi chiamo Marta Marchesi e sono un’interprete e traduttrice freelance. Le mie lingue di lavoro sono il francese, il russo e l’inglese.

Ho una laurea magistrale in Interpretazione, conseguita presso la SLLTI (ex SSLMIT) di Forlì, e una laurea triennale conseguita presso la SSLMIT di Trieste. Durante i miei studi ho avuto l’opportunità di partecipare a due scambi universitari presso l’Università Statale Linguistica di Mosca e di approfondire la lingua francese a Bordeaux. I settori con cui finora ho avuto modo di confrontarmi sono l’agroalimentare, l’automazione, le automobili, la cosmesi, l’ecologia, il turismo e la viticoltura. Ho inoltre esperienza nel settore economico-commerciale e giuridico.

Cosa amo della mia professione? Proprio il fatto di entrare in contatto, anzi, di essere proprio il punto di contatto fra diversi settori, diverse lingue e diverse realtà.

Cosa amo più delle lingue straniere? La mia lingua madre. Per questo nel mio lavoro cerco sempre di mantenere un ottimo livello di italiano, per garantire una performance di qualità.

Come fare per contattarmi? Per un preventivo o per ulteriori informazioni, scrivete pure al mio indirizzo mail: mrchsmrt@gmail.com.

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