Di Giorgio Doveri –
Il DTP e i CAT Tool
Il processo di traduzione moderno si suddivide in diversi passaggi che coinvolgono diverse professioni, competenze e strumenti: dal Project Manager al revisore finale, passando dal traduttore vero e proprio. In mezzo a questo spettacolo ci sono due attori su cui vorrei concentrarmi in questo (spero) breve articolo: i CAT Tool e gli specialisti di DTP.
Cos’è un CAT Tool?
Nel mondo della traduzione, da alcuni decenni, il lavoro dell’amanuense è stato sempre più integrato (ma mai ancora del tutto sostituito!) dall’assistenza di fredde ed efficienti macchine. In particolare, con l’avvento dell’ultima generazione di strumenti informatici, a partire dagli anni 2000, si sono andati sviluppando e perfezionando i cosiddetti CAT Tool, ovvero i software di assistenza alla traduzione, alcuni dei quali molto diffusi e conosciuti dagli addetti ai lavori quali MemoQ e SDL Trados. Ne esistono moltissimi nel mondo della traduzione assistita, tra cui anche un buon numero gratuiti e cloud-based (ovvero applicazioni online, e non programmi da scaricare sul proprio computer), ma in generale hanno tutti lo stesso principio di funzionamento.
I CAT Tool sostanzialmente segmentano il testo[1], restituendo all’utilizzatore quella che possiamo definire come una grande tabella a due colonne. Nella colonna di sinistra avremo il testo originale, mentre nelle celle della colonna di destra potremo scrivere la nostra traduzione. A fine lavorazione, il testo risultante sarà ricomposto secondo le caratteristiche del sorgente, impacchettato e rispedito al mittente (o al(la) PM).
Come funziona un CAT Tool?
Senza entrare nel dettaglio di tutte le sue funzioni, quello che ci interessa adesso è sapere come un CAT Tool riesce a segmentare il testo e come fa poi a ricomporlo, in quanto questa è la chiave per comprendere come CAT e DTP riescono a coordinarsi.
Un CAT, in poche parole, utilizza alcuni parametri per stabilire dove comincia e dove finiscono le frasi, tra cui principalmente le lettere maiuscole, la punteggiatura forte e, soprattutto, i tag che regolano la formattazione del testo: andate a capo forzate, nuovi paragrafi, tabulazioni ecc.
Questi tag possono essere parte integrante del codice proprietario con cui sono stati sviluppati i programmi di redazione, come nel caso di Microsoft Word o Apple Pages, oppure possono provenire da un linguaggio opensource come HTML o XML, che sono linguaggi di markup[2].
Questa distinzione è molto importante e vedremo più avanti il perché.
Cos’è il DTP?
Il DTP, o Desktop Publishing, è l’insieme di tecniche e strumenti mirati alla modifica del layout di un documento, per predisporlo alla sua pubblicazione, sia essa a mezzo stampa, documento virtuale, sito web o altro. Viene chiamato anche editoria 4.0 in quanto è considerato l’evoluzione diretta delle tecniche di stampa e redazione che dalla scrittura a mano sono passate alla pressa di Gutenberg, alle macchine da scrivere e poi ai computer[3].
Il DTP moderno, in realtà, prevede conoscenze e servizi ben più ampi della semplice correzione di bozze e la revisione dei margini di un testo su MS Word. Al crescere della complessità dei file di testo, infatti, si è reso necessario sapersi muovere tra un numero sempre più ampio e vario di programmi, di file e di output. Lo strumento principe del DTP oggi è InDesign, prodotto da Adobe, il quale permette non solo di impostare la pagina secondo i propri desideri fin nei minimi dettagli, ma anche di importare immagini da file esterni tramite link invece di caricarle dentro il documento (alleggerendone lo scorrimento e il peso in memoria), di creare libri unendo diversi file .indd e anche di stampare PDF di ogni forma e dimensione. Questo presuppone, ovviamente, conoscenze approfondite del programma, oltre che di graphic design.
Sugli strumenti di DTP ci sarebbe da scrivere libri interi, e i benefici per il processo di traduzione sono sicuramente numerosi[4]. Tuttavia, in questa sede ci limiteremo a dire che ogni traduzione che si rispetti deve passare tanto da una revisione linguistica quanto da una revisione grafica di uno specialista di Desktop Publishing, che sia competente negli strumenti giusti e che sappia verificare che il testo tradotto appaia sulla pagina così come desiderato dal cliente finale.
Come si inserisce il DTP nel processo di traduzione?
Il DTP, per l’appunto, è l’ultimo passaggio del lungo percorso che è una traduzione. Gli specialisti di DTP si occupano di reimportare il testo tradotto nel software con cui è stato creato originariamente (se il CAT Tool usato per tradurre non è programmato per farlo), verificano che il passaggio sia avvenuto correttamente ed eventualmente correggono gli errori generati dalla macchina, o dagli esseri umani, per poi infine preparare il file o il pacchetto di file da consegnare.
IL DTP, quindi, è un utile se non necessario filtro di qualità prima della pubblicazione di una traduzione.
Ma non solo. Il DTP può (e spesso è) il primissimo step di una traduzione. Talvolta, infatti, il testo viene presentato dal cliente in forma non “digeribile” dai CAT Tool (scansioni di documenti in formato PDF, immagini con testo non modificabile, file .indd ecc…), e si rende pertanto necessario un passaggio dal reparto di Desktop Publishing, dove gli esperti di grafica e impaginazione si occupano di estrapolare il testo per renderlo appetibile ai programmi di traduzione assistita.
Qual è la relazione tra CAT Tool e strumenti e tecniche di DTP?
Da quanto appena detto, emerge che il rapporto tra CAT Tool e tecniche di DTP è piuttosto importante: per il buon funzionamento dei primi in certi casi si rende necessario l’intervento del secondo.
Ritorniamo a questo punto su quanto detto in precedenza riguardo il funzionamento dei CAT. Se il testo di partenza non fosse in formato di markup, bensì in un linguaggio proprietario che gestisce la formattazione in modo del tutto singolare e chiuso (cioè nessuno a parte gli addetti ai lavori possono mettere mano al suo codice sorgente), i CAT faranno molta fatica a interpretarne la struttura e quindi a determinare il modo in cui dividere il testo nello schema di tabella a due colonne descritto prima. Uno dei ruoli degli specialisti di DTP, come già detto, è quello di preparare il testo alla traduzione rendendolo interpretabile dai software di assistenza alla traduzione. Questo si traduce, nel caso di file .doc/.docx (Word) nella riconversione a file .xlf/.xliff (XML Localization Interchange File Format) che, essendo appunto un formato basato su linguaggio XML (eXtensible Markup Language) sono molto più facili da integrare in un CAT. I vantaggi di questo passaggio si vedono in modo chiaro per esempio in programmi come Articulate Storyline 360, il quale consente di importare la traduzione di un corso creato con quel software sia tramite file Word che tramite XLIFF, con un tempo di importare e una precisione a livello di formattazione assolutamente non paragonabili.
Un caso particolare, in questo senso, è rappresentato da InDesign, per il quale è stato sviluppato un linguaggio di markup apposito da parte di Adobe, ovvero il formato .idml (InDesign Markup Language, per l’appunto). Una delle richieste che un team di DTP si sente spesso fare è di convertire file .indd in .idml, poiché questo formato (com’è facile capire, a questo punto) si interfaccia molto meglio con i CAT, consentendo una segmentazione molto più snella e precisa, così come una “ricomposizione” molto più fedele del testo tradotto all’interno del documento.
Esistono anche altri programmi con cui vengono realizzati documenti più complessi, quali Adobe LiveCycle e MadCap Flare, che usano documenti di HTM, HTML o XML, misti ad altri file di immagini e brevi script Java o PHP, per “montare” documenti finali di diverso tipo, a seconda delle impostazioni selezionate all’interno del progetto. Sono usati per creare PDF interattivi o guide online (Web Help), e in questo caso la relazione con il CAT Tool è abbastanza semplice, essendo composti in linguaggio di markup. Tuttavia, l’intervento del DTP si rende necessario poiché, essendovi numerose variabili e tag di diverso tipo, in questi file è facile che qualche elemento di layout venga a spostarsi/cancellarsi durante il passaggio dai CAT. Pertanto, il ruolo del DTP in questo caso è di ristabilire quanto era stato fatto in origine, andando a mettere mano al codice più che al testo.
Come viene gestito il DTP dalle agenzie di traduzione?
Spesso il DTP è gestito internamente dalle agenzie più grandi, mentre le piccole e medie aziende di traduzione preferiscono appoggiarsi a servizi esterni specializzati. In ogni caso, purtroppo, non sempre il DTP viene compreso e valorizzato a sufficienza, ma è un passaggio che può non solo facilitare la traduzione, bensì a volte può essere fondamentale per la sua buona riuscita. Non investire su un servizio di DTP di qualità, o cercare di risparmiare tempo e soldi mandando in pasto ai CAT formati di file da loro poco apprezzati, potrebbe alla fine risultare in una spesa maggiore per la correzione degli errori rilevati dal cliente. Fino alla perdita di fiducia da parte del cliente stesso.
Capire il valore aggiunto di questo servizio è molto importante, e spero che questo articolo (alla fine non molto breve) vi abbia aiutati a prenderne un pochino più coscienza, se già non ne avevate.